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13.11.2024

“Permesso, posso entrare?”

Nell’ambito del Servizio di educativa domiciliare e territoriale nell’ Ambito Territoriale VEN_03 – Bassano del Grappa-Asiago, in questi anni abbiamo realizzato diversi progetti di Arteterapia rivolti a piccoli gruppi omogenei per età, individuando nelle singole progettualità obiettivi educativi che potessero trovare nello strumento creativo l’opportunità per essere affrontati in modo nuovo. Tutto ciò consapevoli che fare esperienza creativa opportunamente guidata sia un modo per favorire nei soggetti coinvolti la conoscenza di sé, in particolare del proprio mondo emotivo.

L’equipe educativa è il luogo all’interno del quale è nata e nasce la progettazione dei percorsi e degli interventi individuali: ogni proposta è nutrita dalle osservazioni dei colleghi e delle colleghe, dalle intuizioni e dalla costante condivisione e risignificazione di quanto raccolto dalle famiglie, dai ragazzi e dalle ragazze che incontriamo nel lavoro quotidiano. 

Abbiamo così realizzato percorsi che hanno messo in luce una nuova consapevolezza: l’educatore domiciliare e territoriale, l’arteterapia e le emozioni hanno qualcosa in comune, ci portano dentro.

L’educatore domiciliare, entrando in casa, sa che dovrà camminare nei mondi intimi delle famiglie, tra presente e passato, e muoversi nelle loro vite, nello spazio privato abitato da aspettative, bisogni, paure, resistenze.

Nelle case abitate da adolescenti la porta della loro stanza è chiusa agli adulti, protetta da invisibile filo spinato e cartelli respingenti di “Non disturbare”, orecchie “Off line” e mani occupate da connessioni distanti; anche il loro mondo interiore spesso risulta inaccessibile, arduo da contattare

“Permesso, posso entrare?”– chiede l’educatore arrivando a casa loro prima di varcare la soglia dello spazio domestico, il dentro in cui la famiglia tesse le sue relazioni.

“Permesso, posso entrare?”– con le sue competenze il nostro educatore cerca e sperimenta il modo per essere autorizzato a fare un passo un po’ più dentro, uno spazio da costruire in cui condividere parole, azioni, pensieri, dove diventa possibile connettersi al loro sguardo, intercettare il possibile, per agganciarli alla relazione e avere così accesso alla loro “stanza”.

“Permesso, posso entrare?”– dice silenziosamente l’arteterapeuta attraverso le tavole apparecchiate con colori, materiali, fogli, pennelli… Tavoli pronti ad accogliere un gruppo di ragazze e ragazzi che, grazie alla relazione educativa, sono usciti dalla stanza e dalla casa.

Sono lì, seduti in cerchio, per essere accompagnati dentro di sé grazie al processo creativo che prende vita nel laboratorio di arteterapia.

I loro corpi e volti si distendono ascoltando le regole fondamentali per vivere l’esperienza: rispettare materiali e persone, sospendere il giudizio verso di sé e verso gli altri e ricordare che non siamo a scuola quindi non ci sono voti e soprattutto non c’è giusto o sbagliato, c’è solo quel che ciascuno è, desidera e fa.

Esistono diversi modi per bussare alla porta del mondo interiore, linguaggi scelti come stimoli capaci di attivare il movimento che porta da fuori di sé, allo sguardo dentro sé, permettendo a ciascuno di vivere un’immersione creativa. 

In linea con l’obiettivo concordato con l’educatore di riferimento infatti, si propone una modalità che possiede la capacità di stimolare aree del cervello coinvolte nel processo creativo come l’ascolto della musica, la lettura espressiva di un albo illustrato, l’osservazione di immagini, il movimento guidato del corpo, le meditazioni immaginative ad occhi chiusi.

Ciò che viene così sollecitato nei partecipanti prende forma in loro come emozioni, ricordi, sensazioni; con questi tesori attivati dentro sé si passa fluidamente all’utilizzo dei materiali proposti per creare, lasciando le mani libere di fare, in un movimento interiore tra dentro e fuori di sé: ciò che mi abita prende forma e colore davanti a me, sottoforma di scultura di argilla, dipinto in acrilico, gessi e acquerelli, oggetto fatto in materiali naturali…

Con la loro opera ora si può interagire, modulare la distanza di osservazione, scegliere, esprimersi. Parte fondamentale del processo creativo è proprio la relazione del singolo con la sua opera e la modalità di lavoro attivata, aspetti che assumono una rilevanza maggiore rispetto al risultato finale. In quest’ottica l’oggetto che viene creato è il risultato di un processo, che è il vero protagonista dell’esperienza, ricco di senso e significato. 

Nella fase di condivisione e verbalizzazione finale infatti ciascuno è chiamato a raccontare l’esperienza vissuta e l’opera creata, alla quale dà un titolo. Ognuno sceglie cosa e quanto profondamente condividere con il gruppo, consapevoli che ogni parola è per gli altri un dono nel rispetto dell’intimità personale.

Ci raccontano di sentirsi liberi di esprimersi.
Vogliono essere presi sul serio.
Amano non essere valutati.
Si entusiasmano di poter “fare” seguendo il proprio gusto e desiderio.
Sono disponibili ad aprirsi alla condivisione con gli altri.
Gioiscono delle consapevolezze su di sé arrivate grazie al lavoro creativo.
Si lasciano interrogare dalle domande silenziose che nascono dal processo e dallo sguardo sull’opera.
Si sentono maggiormente disponibili alla relazione tra pari.
Colgono l’opportunità di conoscere meglio aspetti di sé.
Sono grati di potersi esprimere e raccontare.

In seguito all’incontro l’arteterapeuta, col consenso dei ragazzi, riporta in equipe le proprie osservazioni, le condivisioni e riflessioni emerse dai partecipanti al laboratorio, passaggio importante per nutrire la relazione educativa di elementi utili alla progettualità.

Gli educatori riferiscono spesso stupore per ciò che emerge negli incontri di arteterapia, sfumature, aspetti inediti, conferme, che possono essere spunti per nuovi percorsi da esplorare nel lavoro, per dar vita a confronti arricchenti. Si crea in questo modo un lavoro di sinergie in cui il ragazzo e la ragazza sono al centro delle riflessioni degli educatori e al contempo protagonisti consapevoli dell’emersione di consapevolezze. Le emozioni infatti, grazie al dipanarsi naturale del processo creativo, prendono forma nell’opera e diventa così possibile guardarle, pensarle, parlarne: grazie al suo sguardo competente l’arteterapeuta accompagna ciascuno a leggere (mai interpretare) le forme, la disposizione nello spazio, le modalità creative personali di ognuno. 

Grazie a questo paio di occhiali è possibile riguardare l’esperienza vissuta e il senso può dilatarsi verso il passato e il futuro. Poiché infatti essa si inserisce nella progettualità del singolo, nella relazione educativa con l’educatore di riferimento è possibile risignificarla e connetterla a ciò che è stato e a ciò che potrebbe essere, consapevoli della sua portata trasformativa e attivatrice di possibilità.

L’educatore domiciliare e territoriale, l’arteterapia e le emozioni, come dicevamo nell’incipit di questo scritto, hanno qualcosa in comune: ci portano dentro, in luoghi in cui vive la relazione, con se stessi, con l’altro, con i materiali e con la propria energia creativa.

È bella questa costante del movimento che caratterizza l’intervento educativo, le emozioni e l’arteterapia! Traiettorie fisiche, mentali, emotive, relazionali: dal dentro al fuori, da me all’altro, da fuori di me a dentro di me.  

Entusiasti delle progettualità che possono nascere dall’incontro dell’arteterapia con le pratiche e riflessioni educative, abbiamo dato vita a una nuova alchimia tra arteterapia ed educativa domiciliare e territoriale: la realizzazione di uno strumento di valutazione qualitativa per le famiglie coinvolte nei progetti individuali, novità di cui vi racconteremo presto e che per ora sveliamo solo in codice… “La MMV”!

L’autrice del testo è Francesca Meloncelli, educatrice di La Esse all’interno dell’equipe del Servizio di educativa domiciliare e territoriale che opera nell’Ambito territoriale VEN_03 – Bassano del Grappa – Asiago. È anche Arteterapeuta, professionalità che mette a disposizione delle progettualità educative con interventi di gruppo o individuali con diverse fasce d’età, affiancata a turno da una collega dell’equipe. 

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